Il libro indaga, infatti, il valore attribuibile alle imperfezioni degli oggetti, proponendole come sintomi di un’inequivocabile unicità del prodotto. Ridare valore all’imperfezione significa progettare prodotti capaci di invecchiare, di modificarsi, di essere riparati; significa stimolare il legame emotivo tra utente e prodotto.
Francesca scrive che:
"I
prodotti industriali vengono spesso progettati in un tempo e luogo virtuale e
astratto, che non tiene conto del loro essere entità vive e mutevoli, in grado di cambiare
dinamicamente il loro aspetto o perfino la loro funzione nel tempo e grazie
all’uso che ne facciamo.
Le
imperfezioni raccontano spesso il vissuto specifico dell'artefatto e in questo
modo ci avvicinano ad una visione più naturale
degli oggetti che ci circondano, essi –come noi- divengono unici. Come avviene in
Giappone con l'influsso del wabi sabi, definito come la "bellezza delle
cose mutevoli, imperfette e temporanee", imperfetto diviene sinonimo di
reale, naturale, inevitabile, umano.
Nel
testo “il valore dell’imperfezione” l’estetica wabi sabi viene tradotta in approcci
progettuali. Tali approcci, teorizzati grazie all’analisi dello stato
dell’arte, si collocano nelle diverse fasi del ciclo di vita del prodotto, e
sono così sintetizzabili:
1.Unico/industriale:
considerare la differenziazione del prodotto industriale come possibile valore
2.Segni
del tempo e dell’uso: considerare il prodotto in quanto realtà dinamica
3.Rottura
seguita da riparazione: considerare la possibilità di interventi curativi sul
prodotto
4.Rottura
seguita da una nuova funzione: la rottura del prodotto apre nuovi scenari
funzionali.
Attribuire
valore all'imperfezione significa progettare prodotti capaci di invecchiare, di
modificarsi, di essere riparati; significa stimolare il legame emotivo tra
utente e prodotto, allungarne il ciclo di vita e, soprattutto, accettare la
presenza di una variabile non controllabile che spesso "cambia il finale
del racconto".
Francesca Ostuzzi svolge attività di ricerca presso il Politecnico di Milano sulla sostenibilità ambientale, per l'allungamento del ciclo di vita dei prodotti industriali.
Giuseppe Salvia svolge attività di ricerca sul rapporto tra design, artefatti e consumo sostenibile, soprattutto tramite il coinvolgimento degli utenti.
Valentina Rognoli è ricercatrice presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano, sui temi dei materiali, la loro dimensione espressivo-sensoriale e il rapporto con neuroscienze ed emozioni.
Marinella Levi è professore ordinario presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano, promuovendo la cultura dei materiali per il design, e il loro rapporto con tecnologie, sensorialità e sviluppo sostenibile.
Giuseppe Salvia svolge attività di ricerca sul rapporto tra design, artefatti e consumo sostenibile, soprattutto tramite il coinvolgimento degli utenti.
Valentina Rognoli è ricercatrice presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano, sui temi dei materiali, la loro dimensione espressivo-sensoriale e il rapporto con neuroscienze ed emozioni.
Marinella Levi è professore ordinario presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano, promuovendo la cultura dei materiali per il design, e il loro rapporto con tecnologie, sensorialità e sviluppo sostenibile.